Tratto dall'ultima newsletter inviata dall'Ordine Psicologi Emilia Romagna
Carissime Colleghe, Carissimi Colleghi,con la presente newsletter sono lieta di rendere noto l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 422/2007 con cui il Tribunale di Ravenna ha condannato il dott. Francesco Abela per esercizio abusivo della professione di psicologo riconoscendo altresì il diritto al risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti dall’Ordine, costituitosi parte civile nel predetto giudizio.Si tratta di una pronuncia di grande interesse e notevole importanza che rappresenta un importante successo della nostra categoria nella lotta all’abusivismo. Essa, infatti, costituisce una nuova ed ulteriore affermazione della grave illiceità di quelle condotte con cui soggetti privi dei requisiti richiesti per l’esercizio della professione di psicologo pretendono, tuttavia, di porre in essere valutazioni, approfondimenti ed indagini di natura prettamente psicologica in asserita applicazione di discipline atipiche e non normate (quale, nel caso di specie, quella di “naturopata”).In particolare, come osservato anche dall’Avv. Colliva che ha assistito e rappresentato l’Ordine in giudizio, la precisazione sistematica ed il dettaglio nell’analisi dei fatti occorsi che caratterizzano le motivazioni della condanna rendono la sentenza stessa un eccellente punto fermo nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di esercizio abusivo della professione di psicologo.In questa sede, nel rinviare alle dettagliate argomentazioni contenute nella sentenza scaricabile dal nostro sito alla pagina Lotta all’abusivismo/Sentenze su casi di esercizio abusivo della professione (cliccare qui ), i termini della vicenda possono essere riassunti come segue.Il dott. Abela, dopo avere conseguito la laurea in filosofia, aveva frequentato alcuni corsi di formazione tra cui, in particolare, un master in naturopatia e un corso in omeopatia intraprendendo “un’intensa attività professionale privata a pagamento” a favore di soggetti che, per motivi di varia natura, richiedevano le sue consulenze. Tuttavia, come correttamente affermato anche dal Giudice sulla base delle testimonianze emerse in sede dibattimentale, molti si erano rivolti al dott. Abela per problemi inerenti i propri stati emotivi (“problematiche comportamentali”, “disagio di tipo emozionale”, “paura di essere abbandonata” ecc.) e questi, lasciando supporre una sua qualifica in tal senso, “effettuò diagnosi, consigliò cure o quanto meno esercitò un’attività di sostegno in ambito psicologico, compiendo atti tipici della professione di psicologo”.Il Tribunale - condividendo appieno le puntali considerazioni formulate anche dal CTP dell’Ordine, Avvocato e Psicologo dott. Calvi - ha ritenuto “evidente come l’indagine e l’approccio fossero tendenzialmente di natura psicologica: dialoghi sugli stati d’animo e emotivi, sull’infanzia, sui sogni; disegni e test; interpretazione di malesseri fisici come espressione di un problema psichico; spiegazioni di certi disagi; suggerimenti di comportamenti da adottare; indicazione di prodotti omeopatici o di altra natura per curare ovvero migliorare un determinato stato. E’ davvero troppo per dubitare del fatto che l’imputato in varie occasioni compì atti tipici (di diagnosi, indagine, sostegno) propri della professione protetta di psicologo”.Di conseguenza, il Giudice ha riconosciuto colpevole l’imputato di esercizio abusivo della professione di psicologo ai sensi e per gli effetti dell’art. 348 c.p. ricordando, peraltro, che “lo Stato, proprio nell’interesse della collettività, deve apprestare i necessari mezzi e strumenti di controllo affinché gli atti tipici di dette professioni, che attingono alla salute fisica e psichica dei cittadini, siano esercitati esclusivamente da persone che abbiano conseguito il diploma di laurea nonché l’iscrizione all’albo professionale”.In altri termini, dunque, il Tribunale ha affermato che il dott. Abela aveva illegittimamente compiuto atti tipici della professione di psicologo, espressione di competenze e di conoscenze che il legislatore ha inteso tutelare attraverso l’individuazione di una professione protetta al fine di evitare i pregiudizi che potrebbero derivare dall’esercizio di determinate attività da parte di chi sia sprovvisto di adeguate cognizioni tecniche e scientifiche, precisando peraltro che “nessuna nuova figura, in assenza di disciplina legislativa, potrebbe in ogni caso invadere il campo di professioni per le quali – come recita l’art. 348 c.p. – è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”.Inoltre, nella sentenza sono presenti ulteriori affermazioni che certamente costituiscono importanti conferme nell’elaborazione di principi giurisprudenziali necessari per una corretta applicazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 348 c.p. quali, ad esempio, la configurabilità del reato a prescindere dalla correttezza degli atti tipici, oltre alla “legittimazione degli ordini professionali a costituirsi parte civile nei confronti di soggetti che abbiano esercitato abusivamente la professione, causando alla categoria un lesione degli interessi patrimoniali e una diretta lesione di immagine”.Forte dei rilevanti risultati sino ad ora raggiunti, questo Ordine continuerà a vigilare e ad agire per garantire la massima tutela della professione e degli Iscritti.
Un cordiali saluto
Manuela Colombari
Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
www.ordpsicologier.it -
e-mail: info@ordpsicologier.it
Carissime Colleghe, Carissimi Colleghi,con la presente newsletter sono lieta di rendere noto l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 422/2007 con cui il Tribunale di Ravenna ha condannato il dott. Francesco Abela per esercizio abusivo della professione di psicologo riconoscendo altresì il diritto al risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti dall’Ordine, costituitosi parte civile nel predetto giudizio.Si tratta di una pronuncia di grande interesse e notevole importanza che rappresenta un importante successo della nostra categoria nella lotta all’abusivismo. Essa, infatti, costituisce una nuova ed ulteriore affermazione della grave illiceità di quelle condotte con cui soggetti privi dei requisiti richiesti per l’esercizio della professione di psicologo pretendono, tuttavia, di porre in essere valutazioni, approfondimenti ed indagini di natura prettamente psicologica in asserita applicazione di discipline atipiche e non normate (quale, nel caso di specie, quella di “naturopata”).In particolare, come osservato anche dall’Avv. Colliva che ha assistito e rappresentato l’Ordine in giudizio, la precisazione sistematica ed il dettaglio nell’analisi dei fatti occorsi che caratterizzano le motivazioni della condanna rendono la sentenza stessa un eccellente punto fermo nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di esercizio abusivo della professione di psicologo.In questa sede, nel rinviare alle dettagliate argomentazioni contenute nella sentenza scaricabile dal nostro sito alla pagina Lotta all’abusivismo/Sentenze su casi di esercizio abusivo della professione (cliccare qui ), i termini della vicenda possono essere riassunti come segue.Il dott. Abela, dopo avere conseguito la laurea in filosofia, aveva frequentato alcuni corsi di formazione tra cui, in particolare, un master in naturopatia e un corso in omeopatia intraprendendo “un’intensa attività professionale privata a pagamento” a favore di soggetti che, per motivi di varia natura, richiedevano le sue consulenze. Tuttavia, come correttamente affermato anche dal Giudice sulla base delle testimonianze emerse in sede dibattimentale, molti si erano rivolti al dott. Abela per problemi inerenti i propri stati emotivi (“problematiche comportamentali”, “disagio di tipo emozionale”, “paura di essere abbandonata” ecc.) e questi, lasciando supporre una sua qualifica in tal senso, “effettuò diagnosi, consigliò cure o quanto meno esercitò un’attività di sostegno in ambito psicologico, compiendo atti tipici della professione di psicologo”.Il Tribunale - condividendo appieno le puntali considerazioni formulate anche dal CTP dell’Ordine, Avvocato e Psicologo dott. Calvi - ha ritenuto “evidente come l’indagine e l’approccio fossero tendenzialmente di natura psicologica: dialoghi sugli stati d’animo e emotivi, sull’infanzia, sui sogni; disegni e test; interpretazione di malesseri fisici come espressione di un problema psichico; spiegazioni di certi disagi; suggerimenti di comportamenti da adottare; indicazione di prodotti omeopatici o di altra natura per curare ovvero migliorare un determinato stato. E’ davvero troppo per dubitare del fatto che l’imputato in varie occasioni compì atti tipici (di diagnosi, indagine, sostegno) propri della professione protetta di psicologo”.Di conseguenza, il Giudice ha riconosciuto colpevole l’imputato di esercizio abusivo della professione di psicologo ai sensi e per gli effetti dell’art. 348 c.p. ricordando, peraltro, che “lo Stato, proprio nell’interesse della collettività, deve apprestare i necessari mezzi e strumenti di controllo affinché gli atti tipici di dette professioni, che attingono alla salute fisica e psichica dei cittadini, siano esercitati esclusivamente da persone che abbiano conseguito il diploma di laurea nonché l’iscrizione all’albo professionale”.In altri termini, dunque, il Tribunale ha affermato che il dott. Abela aveva illegittimamente compiuto atti tipici della professione di psicologo, espressione di competenze e di conoscenze che il legislatore ha inteso tutelare attraverso l’individuazione di una professione protetta al fine di evitare i pregiudizi che potrebbero derivare dall’esercizio di determinate attività da parte di chi sia sprovvisto di adeguate cognizioni tecniche e scientifiche, precisando peraltro che “nessuna nuova figura, in assenza di disciplina legislativa, potrebbe in ogni caso invadere il campo di professioni per le quali – come recita l’art. 348 c.p. – è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”.Inoltre, nella sentenza sono presenti ulteriori affermazioni che certamente costituiscono importanti conferme nell’elaborazione di principi giurisprudenziali necessari per una corretta applicazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 348 c.p. quali, ad esempio, la configurabilità del reato a prescindere dalla correttezza degli atti tipici, oltre alla “legittimazione degli ordini professionali a costituirsi parte civile nei confronti di soggetti che abbiano esercitato abusivamente la professione, causando alla categoria un lesione degli interessi patrimoniali e una diretta lesione di immagine”.Forte dei rilevanti risultati sino ad ora raggiunti, questo Ordine continuerà a vigilare e ad agire per garantire la massima tutela della professione e degli Iscritti.
Un cordiali saluto
Manuela Colombari
Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
www.ordpsicologier.it -
e-mail: info@ordpsicologier.it
MODULO PER LA SEGNALAZIONE DI PRESUNTE ATTIVITA’ IRREGOLARI IN AMBITO PSICOLOGICO
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